Senzapensione

Senzapensione
Effetti della pensione del futuro

lunedì 19 dicembre 2011

Riforma pensioni: la nuova tassa.

Per chi è parte del grande esercito di lavoratori dipendenti che ha alle spalle più di qualche anno di lavoro ed andrà in pensione con il sistema contributivo o misto, la riforma Fornero non è altro che un tassa che si aggiunge ad altre tasse.
Posto che il valore della futura pensione oscillerà fra il 40 ed il 60% della media del reddito da lavoro dipendente percepito negli ultimi anni e visto che l'età di pensionamento è, di fatto, arrivata alla soglia dei 70 anni, è certo che quanto il lavoratore versa nell'arco della propria vita non gli sarà restituito negli anni del suo inverno. A meno di non vivere sino a 110 anni.
Quanti di noi hanno realisticamente questa prospettiva? Quanti di noi pensano davvero di poter vivere 40 di decadimento corporeo con una pensione miserabile, non molto diversa dall'attuale assegno sociale?
Alla fine, nessuno di noi potrà godere di quanto versato in 40 e più anni di lavoro nemmeno al suo valore nominale.
Se dunque non riveremo che in minima miserabile parte quello che abbiamo versato. il contibutivo della signora Fornero non ha che un nome. Tassa!!!

sabato 17 dicembre 2011

Dipendenti di serie A e dipendenti di serie Z

Non basta la disgrazia di trovarsi da lavoratori dipendenti a metà del guado o anche un poco oltre, verso la pensione. Non basta fatto di dover subire sulla propria pelle le necessità degli altri. Di quelli che in pensione ci sono già, di quelli a cui mancava pochissimo e di quelli che, senza lavoro o precari, dovrebbero in futuro pagare le nostre. Non basta un orizzonte privo di alternative ed un futuro obbligato e deciso da altri. No, non basta. Bisogna anche scoprire che mentre la nostra pensione si allontana sempre di più e si assottiglia sempre di più, i dipendenti di palazzo Chigi, sede del governo, oltre ad aver goduto nel corrente anno di un aumento dello stipndio del 15%, in pensione ci vanno ancora a 55 anni.
Per loro, nessun cambiamento, a meno che non sia in meglio.
Nella disgrazia, escludendo ovviamente chi già se la passa peggio di noi, solleva un poco sapere che anche per altre categorie c'è da stringere la cinghia. Niente, nemmeno quel contentino abbiamo!

lunedì 12 dicembre 2011

Sciopero inutile

Non vi è dubbio che è giusto manifestare contro una manovra che ha ben poco di equo e solidale.
Al solito, per fare cassa nell’immediato, pagano i più. Evasori, grandi patrimoni e privilegi vari, dalla casta in giù, se ne restano tranquilli e sicuri.
Per cui, giusto, quanto inutile manifestare. Non cambierà poco o nulla e, soprattutto, non cambierà nulla per la categoria del sistema pensionistico misto o contributivo.
Nel motivare le ragioni dello sciopero, non ho sentito un solo sindacato far menzione dell’ampia categoria di lavoratori destinata a percepire di pensione molto meno di quanto versato nel lungo periodo di lavoro.
Come il sindacato, nessun politico, di destra o di sinistra, ha mai trattato la questione anche quando invitato da qualche sorprendente domanda di un giornalista.
Il dramma di chi è consapevole di far parte dell’unica categoria indifesa, chiamata a sorreggere il presente e futuro economico di altri, è stato da tutti ignorato.
Per questo, benché giusta, la protesta sociale dei prossimi giorni è per noi del tutto inutile gratuita.

venerdì 9 dicembre 2011

lettera al Ministro Fornero

Paga solo l’Italia di mezzo.

Gentile Signora Ministro,

c’è una Italia di Mezzo che da 16 anni sa che il proprio futuro pensionistico non sarà quella del collega che, per gli stessi 16 anni, ha visto andare in pensione nella tranquilla prospettiva del retributivo, con 35 anni o anche meno di lavoro e con qualche fortunata “finestra”.
Per 16 anni, quell’Italia, è stata anche consapevole che il proprio stipendio valeva sempre meno perché, pur nella prospettiva di lavorare di più e contrariamente al significato del contributivo, avrebbe alla fine fruttato meno di quello di quel fortunato collega .
A quest’Italia che oggi si fa carico delle pensioni degli altri e contemporaneamente deve pure pensare a come integrare il proprio futuro trattamento pensionistico, a quest’Italia dallo stipendio bloccato, dei contributi rivalutati secondo l’andamento dell’inesistente Pil degli ultimi 10 anni, a quest’Italia priva di rassicuranti prospettive e di liquidazione Lei, Signora Ministro ha pure chiesto di sopportare i nuovi sacrifici per assicurare il futuro di chi deve venire.
Di grazia, a quest’Italia, poi, chi ci dovrà pensare?
Contribuiamo per il beneficio di chi è davanti a noi e anche per chi è dietro a noi. Non Le sembra che qualche cosa ci sia anche dovuto?
Sarebbe bastato poco.
Come chiedere a quel 7% di pensionati che “gode” del 25% del fondo pensioni (45 miliardi e passa) un piccolo contributo progressivamente commisurato al livello della pensione goduta. Diciamo, un misero 10% complessivo, 4-5 miliardi da destinare in parte per addolcire il futuro di oggi contribuisce e in parte magari per sostenere quegli ammortizzatori sociali tanto necessari per garantire il funzionamento un più equilibrato e moderno mercato del lavoro.
Invece NO! I diritti quesiti non si toccano, indipendentemente da come sono stati acquisiti e da quanto, ormai sono odiosamente avvertiti.
Principio meritevole di tutela quello dei diritti quesiti, il cui rispetto ha però un limite naturale. Quello di non divenire alla fine contrario all’interesse collettivo.

C’è un’altra questione che vorrei sottoporre alla Sua attenzione. E’ pacifico, si andrà in pensione più tardi e vi si arriverà ben dopo i 65 anni. Una età che non permetterà a molti di impegnarsi nel prosieguo di una qualsiasi attività lavorativa da cumulare con la pensione. Certo, servirebbe, dato il livello della futura pensione. Ma a 66-67 anni, normalmente, chi ti vuole?
Dunque, a chi serve l’attuale facoltà di cumulare la pensione ad un eventuale compenso da lavoro autonomo o dipendente?
Nel vigente sistema, Signora Ministro, l’abolizione del divieto di cumulo disposta dal Governo Berlusconi al suo insediamento e da tutti salutata come una conquista, è unicamente un ulteriore privilegio riconosciuto a chi, privilegiato, in termini di fruizione della pensione lo è già. Solo questa categoria ne può godere e, in futuro, al più qualche fortunato ruolo dirigenziale, pubblico o privato che sia.
Un privilegio per chi già è in pensione ed un impedimento, una limitazione, per chi oggi cerca una occupazione. Per quei giovani che la manovra vorrebbe tutelare.
Le faccio un esempio pratico. Giri per qualche ospedale, verifichi la carenza di medici e in quali discipline e chieda quanti sono quei medici che negli ultimi 3 anni sono corsi in pensione per essere poi riassunti dalla stessa azienda con contratto di consulenza o di sumaista.
Sono sicuro, resterà meravigliata nel verificare il non esiguo numero di giovanili pensionati che continuano a lavorare nelle nostre strutture sanitarie.
E non ne faccia una colpa ai giovani ed alla loro poca voglia di impegnarsi. A tarpare le ali ai giovani, a limitarne le scelte e le aspirazioni, paradossalmente, ci ha pensato una casta di ex sessantottini con il blocco degli accessi all’Università.
Distinti saluti.

lunedì 5 dicembre 2011

Non tutto il male vien per nuocere

E va bene! Lavoreremo di più per andare in pensione. Ma non con meno soldi! Questo NO!
Se la manovra ha qualche cosa di positivo è quella di aver ingrossato le fila degli scontenti. Ora, accanto ai lavoratori del sistema retributivo e misto, ci sono anche quelli del sistema retributivo. Tutti, nonostante le non lievi differenze con i lavoratori che fino a ieri si trovavano nel sistema retributivo perfetto, siamo ora accomunati da un orizzonte pensionistico più lontano e e da un trattamento uniforme per gli anni a venire.
Ora - e se non ora, quando? - si può cotruire davvero un movimento contro i diritti quesiti. Quei diritti che impediscono venga messa un trattamento pensionistico guadagnato con pochi anni di lavoro, ben più lucroso del nostro e goduto da tantissimo tempo.
Chiedere sacrifici anche a questa categoria di persone non è peregrino ed impossibile. Chiedendo a quel 7% di pensionati che si porta via il 25% di tutte le pensioni, avendo lavorato molto meno di chi oggi le paga, un contributo del 10, 15% potrebbe consentire ai lavoratori di oggi ben altro futuro pensionistico e ben altro presente in termini di ammortizzatori sociali.
Il tempo è maturo. Anche per un vero movimento dei lavoratori,

sabato 3 dicembre 2011

DIRITTI QUESITI: IL MALE DA ESTIRPARE

Oggi, 3 dicembre, sulla Nuova Venezia c'è un articolo di Mario Bertolissi, insigne giurista, che tocca il tema dei diritti quesiti.
In un articolo sin troppo profondo sottolinea l'assurdità e perfino l'innaturalità di un principio che, nato per tutelare i singoli, finisce per essere un male incurabile per la collettività.
Perché deve essere chiaro a tutti che condannare i lavoratori di oggi ad un allungamento del perido lavorativo non bilanciato da un valore della futura pensione davvero rispondente a quanto versato in tanti anni di lavoro, non può che creare un vero e proprio conflitto nei confronti di chi in pensione c'è da tanti anni, con ben poco lavoro e ben diverso assegno pensionistico.

domenica 27 novembre 2011

VITALIZI? VIA SOLO DAL 2018!

Non ci volevo credere, ma oggi ho letto la conferma sul giornale. Al Senato i signori Senatori hanno tolto il vitalizio. Ma a partire dal 2018! Non da subito e non dalla prossima (casomai si dovesse andare a votare prima del 2013).
Per la nostra pensione non ci sono invece problemi. Per chi ancora non c'è andato e fa parte della categoria "contributivo" tutto può essere modificato, abbassato (valore) o allungato (tempo) a partire da subito.
E' il senso del tempo e dell'equità dei nostri parlamentari, gente di cui non possiamo nemmeno vergognarci non avendo potuto nemmeno eleggerli.
Ha davvero ragione Grillo, di cui non ho sempre apprezzato le uscite. Ma davvero, là è tutta merda!

sabato 19 novembre 2011

SACRIFICI, MA PER DAVVERO PER TUTTI!!

Dunque, per quanto si è sin qui potuto capire tutti andranno in pensione con il contributivo.
Si fa alla fine giustizia di un sistema pensionistico concordato con i sindacati che hanno avuto cura di avallare una odiosa differenza di trattamento fra lavoratori.
La misura, tuttavia, non è sufficiente a riportare maggiore equità fra i trattamenti, specie considerando le altre modifiche di ulteriore allungamento del periodo lavorativo che sono state annunciate.
Equità, quell'equità necessaria a dare un senso a quello che, nonostante il contributo, rimane una gestione mutualistica dell'istituto, siginifa anche andare a toccare il prrivilegio di chi è andato in pensione con il retributivo puro, con lo stipendio paramentrato all'ultimo anno di lavoro o dopo soli 15, 20, 25 anni di attività.
Significa finirla oltre che con le pensionied i vitalizi dei politici anche con quelle distribute ai privilegiti lavoratori del parlamento e della regione Significa.
Certo, non devono essere toccate le pensioni di pochi euro, ma a partire da un lordo dai 40 in su, si!
Il governo, il nuovo governo sembra comunque averci pensato. Peccato che l'asticella, il livello da cui partire per chiedere il contributo alle pensioni privilegiate, sia stato fissato molto in alto. Dai 100.000 euro in su.
Peccato!

domenica 6 novembre 2011

Stipendi già tagliati del 30% per il popolo del contributivo

Abbiamo detto e ripetuto più volte delle differenze fra sistema retributivo e contributivo. Non abbiamo però mai considerato questa differenza con occhio allo stipendio percepito.
Il lavoratore che si ritova nel sistema contributivo percepisce oggi uno stipendio di fatto assai inferiore al lavoratore che, percependo il medesimo stipendio, andrà invece in pensione con il sistema retributivo.
La pensione, di fatto, non è che uno stipendio differito. E dunque, se alla fine un lavoratore andrà di pensione con 1000 e l'altro 7-600 per effetto delle differenza fra sistemi pensonistici, avendo percepito il medesimo stipendio nell'arco della vita lavortiva, significa che chi si ritrova nel contributivo di fatto percepisce già uno stipendio tagliato del 30% rispetto al collega.
Un aspetto della questione che il sindacato si guarda bene dal considerare ma che ben dovrebbe rientrare in ambito contrattuale trattandosi diversa retribuzione per la stessa attività lavorativa svolta.

martedì 1 novembre 2011

Pensione sotto il 50%

Sul Corriere di oggi “I conti delle pensioni degli Under 40 – L’assegno può essere al di sotto del 50” viene confutata e deprivata di ogni fondamento la ricerca del sig. Petrarca, dirigente dell’INPS e, manco a dirlo ex. Sindacalista della CGIL che, solo qualche giorno fa, annunciava la bella notizia che, lavorando di più e andando in pensione a 70 anni la pensione per l’esercito del contributivo sarebbe potuta arrivare al 70% dello stipendio netto.
In realtà, secondo l’Acta, l’Associazione dei Consulenti del Terziario Avanzato, ben che vada dopo 40 e oltre di lavoro le pensioni calcolate con il sistema contributivo si attesteranno al di sotto del 60% dello stipendio e, moltissime, facilmente al di sotto del 50%.
Tra i motivi, a volerne elencare uno, il fatto che la rivalutazione annuale del montante contributivo sia agganciata all’andamento del PIL. In Italia, come si è visto negli ultimi anni, sostanzialmente paria a ZERO.
In questi anni, come dicevo nell’ultimo articolo, i nostri contributi non hanno fruttato nulla, sono stati fermi. Il nostro TEORICO CAPITALE sul quale sarà alla fine calcolata la pensione finale con i coefficienti già abbassati del 2010, è da anni mummificato.
A rendere più odiosa la sperequazione fra categorie di lavoratori divise dall’appartenenza ad un diverso sistema di calcolo della pensione o tra lavoratori e pensionati baby o di lusso e, in ultima analisi tra chi paga e chi gode (sempre se sufficiente beninteso) della pensione, è il constatare che i nostri contributi potrebbero ben diversamente essere rivalutati ed utilizzati se, davvero fossero nostri.
Prendiamo l’esempio di un lavoratore dallo stipendio di 1300 euro e ipotizziamo che questo sia il valore medio di uno sviluppo di carriere sostanzialmente piatta (che poi è la regola per la maggior parte dei lavoratori).
Mediamente, per questo lavoratore, vengono accantonati contributi previdenziali (fra quelli in busta paga e i versamenti del datore di lavoro) pari a circa 8000 euro l’anno. A questi, aggiungiamo la mensilità (più o meno) accantonata per la liquidazione.
Volendo applicare alla contribuzione un coefficiente di rivalutazione del 2% annuo netto (tenuto conto di una inflazione annua fra l’1,5 e il 2%) alla fine dei 40 anni di lavoro il nostro travet si ritroverebbe un piccolo capitale di €. 561.738. Ogni anno il 2% di questo capitale effettivamente nelle mani del nostro lavoratore gli frutterebbe 11.230 euro. Cifra, già questa calcolata con questo misero tasso, superiore al 60% del suo stipendio. In più, c’è un capitale.
E’ un esempio, ovviamente, con tutti i difetti e i limiti di un calcolo di questo tipo. Serve però a dare comunque una dimensione di quello che il nostro lavoro accantona e può accantonare anno per anno, ma soprattutto di quanto capitale derivante dal nostro lavoro resta nelle mani dell’INPS e che noi non vedremo mai e che non lasceremo a nessuno.

lunedì 31 ottobre 2011

Future pensioni: sempre meno

Lo sapevate? Dal 1 gennaio 2010 sono entrati in vigore i nuovi coefficienti pensionistici. La sottostante tabella (società di analisi Progetica) mostra di quanto le pensioni sono state e saranno penalizzate.

Anni Vecchi Coeff. Nuovi Coeff. Differenza
57 4,720% 4,419% -6,38%
58 4,860% 4,538% -6,63%
58 5,006% 4,664% -6,83%
60 5,163% 4,798% -7,07%
61 5,334% 4,940% -7,39%
62 5,514% 5,093% -7,64%
63 5,706% 5,257% -7,87%
64 5,911% 5,432% -8,10%
65 6,136% 5,620% -8,41%

Accanto ai nuovi coefficienti di calcolo applicati al montante finale della contribuzione occorre tenere presente un altro elemento di calcolo. Infatti li montante finale viene determinato " sommando i contributi di ciascun anno, rivalutato annualmente sulla base del tasso annuo di capitalizzazione risultante dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) calcolata dall'ISTAT."
Orbene, qual’ è stato il PIL italiano negli ultimi anni? Risposta: QUASI NULLO, ergo i nostri contributi pensionistici non si sono rivalutati per nulla negli ultimi anni. La nostra futura pensione, dunque, diminuisce sempre di più.

domenica 30 ottobre 2011

RENZI: IL NUOVO COME IL VECCHIO. MEGLIO CROZZA!

Ho sentito Renzi in TV parlare di pensioni.
La ricetta è questa...SI PUO' ALLUNGARE L'ETA' PENSIONABILE A PATTO CHE QUEL CHE SI RISPARMIA VADA A FAVORE DI GIOVANIE PRECARI.
BENE, BENISSIMO. Nessuna parola però sulla sperequazione esistente fra chi è già in pensione e chi la paga e fra sistemi (retributivo, contributivo, misto).
In poche parole, sembra che chi oggi lavora sia destinato a non trovare difesa politica nemmeno nel nuovo che avanza.
Come 40-50 enni restiamo quindi a culo scoperto, condannati semplicemente a pagare le pensioni degli altri ma non la nostra.
L'unico politico che ho sentito parlare di pensioni in maniera corretta è stato CROZZA a ITALIALAND. Ha portato l'esempio dei dui illustri personaggi politici famosi per il varo di imoportanti misure pensionistiche. AMATO e DINO. Uno con 30.000 l'altro con 40.000 euro AL MESE.

venerdì 28 ottobre 2011

LE MASERATI DI LA RUSSA

19 MASERATI BLINDATE PER FAR SCORAZZARE COMODI COMODI 19 GENERALI DEL MINISTERO DELLA DIFESA. UNA NUOVA IMPRESA DEL PRODE LA RUSSA.
CHISSA' CHI GLI AVRA' CONSIGLIATO L'ACQUISTO (150.000 EURO ALL'UNA.
IL SOSPETTO PERO' C'E', IN FIN DEI CONTI PER UNA TALE SCELTA SERVE UN ESPERTO DEL SETTORE.
E CHI ALLORA MEGLIO DEL FIGLIOLETTO, GIOVANE COMPONETE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELL'ACI, NOMINATO NON APPENA INSEDIATO IL NUOVO GOVERNO?
CARI MIEI, QUESTI NON AVRANNO MAI PROBLEMI DI PENSIONE.

giovedì 27 ottobre 2011

Pensione a 67 anni e aspettativa di vita

La pensione a 67 anni propone un interrogativo. Ma a 67 anni, Uno, che fa? Ma soprattutto, che cosa gli consentirà di fare una pensione che sarà comunque molto diversa, forse un 40% in meno, di quelle pagate oggi a chi ha lavorato molto meno ed è andato in pensione molto più presto?.
Ah già! Dicono che quasi sicuramente si vivrà più a lungo, ma è tutto da vedere per chi ha magari fatto 40 anni e passa di fabbrica, di intasati mezzi pubblici presi quando è ancora notte, di pasti rimediati, di continue preoccupazioni per il mantenimento del posto di lavoro, di passaggi in cassa integrazione o mobilità, di incertezza nelle prospettive e di stipendi insufficienti a se e alla propria famiglia.
Quest’ultimi poi, insufficienti perché quasi il 33% della retribuzione lorda (fra versamenti del lavoratore 1/3 e del datore di lavoro 2/3) va accantonato per la previdenza, la pensione. Una cifra ragguardevole se ci fate caso. Per uno stipendio medio di circa 1300 euro pari ad un lordo di circa 23-24000 euro l’anno, sono quasi 8000 euro.
Un cifra non poi molto lontana, considerate le previsioni, dal netto (circa 8-900 euro mensili) che riceverà il nostro pensionato di 67 anni.
Se l’aspettativa di vita fosse anche 90 anni, quel pensionato di 67 non riuscirà mai a consumare quanto accantonato in 40 anni e che in 40 anni avrebbe dovuto essere messo a profitto e fruttare alla fine ben altra cifra dei semplici 8000X40.
Soldini, storia di fatica, che il nostro pensionato, al momento della prematura dipartita, non potrà nemmeno lasciare alla propria famiglia.
Quei soldini, frutto della previdenza CONTRIBUTIVA, NON SONO SUOI! Non sono stati accantonati e messi a frutto per lui. Signori, siamo nel sistema MUTUALISTICO. Sono serviti a pagare le pensioni degli altri!

lunedì 24 ottobre 2011

VUOTO SIDERALE

Il Blog è vuoto, sarà per quel che scrivo o perchè i motori di ricerca non funzionano a dovere,nessuno si fa sentire. Sicuramente sarà per colpa mia, perché non posso pensare che il tema PENSIONE non interessi a chi oggi la paga per gli altri. La paga contribendo con una quota quasi pari al 40% del proprio costo del lavoro e la paga vedendo progressivamente affievolire la prospettiva che il proprio diritto alla pensione sia assicurato in futuro.
Perchè la pensione, non solo arriverà sempre più tardi, ma sarà pure sempre più povera e sempre meno commisurata a quanto versato nell'arco della vita lavorativa.
Questa la questione che cerco di far emergere con questo blog. Attorno, il silenzio. Del resto, quando si parla di pensione nei media, appaiono solo politici, pensionati, sindacalisti. Mai un lavoratore, mai chi tiene in piedi il sistema.
Straordinario e sconfortante.

lunedì 10 ottobre 2011

Primi tremori

Sui giornali di oggi è apparsa la notizia che vorrebbe il governo intenzionato ad operare un taglietto sulle pensioni baby. L'annuncio ha immediatamente messo in allarme i sindacati che, come si sa, si reggono per la maggior parte proprio sui versamenti dei pensionati.
Del resto, come si fa ad non essere riconoscenti all'associazione che ti ha permnesso di andare in pensione con 15, 20, 25 anni di lavoro, che non dice nulla sui privilegi dei dipendenti della regione Sicilia, nulla, per anni, su quelli della casta, e che ti ha permesso di andare in quiescenza con il sistema retributivo mentre chi te la paga ci andrà con il contributivo?
Ma è davvero uno scandalo chiedere qualche cosa alle pensioni baby?
Ebbene, come sempre, bisognerebbe distinguere. Perchè con la pensione baby c'è chi ha integrato il bilancio familiare e chi si è pagato l'affitto dello studio professionale di Avvocato, Ingegnere, Architetto, etc...
Per molti è stato un privilegio su un privilegio. Parlo dei motissimi insegnati con studio professionale avviato.
E' da qui che bisognerebbe cominciare per eliminare l'intangibilità dei diritti acquisti.
Ben vengano quindi i taglietti alle baby pensioni, riservandoli però a chi svolge o ha svolto attività professionale e a seconda del reddito familiare. Diciamo sopra i famosi 36.000 e rotti euro...

domenica 9 ottobre 2011

nuova truffa inps

L’articolo dal titolo GIOVANI, SORPRESA PENSIONE ARRIVERA’ AL 70% DEL REDDITTO, apparso sul corriere della sera del 9 ottobre, conferma che l’INPS ha paura che la protesta contro l’attuale sistema pensionistico monti.
Con l’articolo l’INPS vuol rassicurare che i vecchi calcoli sugli effetti del sistema contributivo vanno corretti in ragione dell’allungamento dell’età pensionabile. Sicché pensioni prima calcolate tra il 50 e il 60%, per effetto dell’ulteriore allungamento del periodo contributivo, passano ora al bel valore del 70% dell’ultimo stipendio NETTO.
Notevole scoperta quella che si avrà di più contribuendo di più. E in ogni caso attenzione…si parla dell’ultimo stipendio netto. La truffa è proprio qua.
Perché chi è andato in pensione giusto ieri con 40 anni di contributi ha un assegno calcolato su un lordo pari all’80% del reddito da lavoro dipendente. Il che significa che, tolti i contributi previdenziali che non sono più dovuti, chi è andato in pensione ieri ha un assegno pensionistico sostanzialmente pari al proprio ultimo stipendio.
Una bella differenza quella tra quasi il 100% e il 70%.
Si cerca poi di dimostrare che con l’impiego del TFR nei fondi pensione la situazione per i pensionati del futuro potrà anche essere migliore, dimenticando però di dire che i pensionati di ieri e di oggi il loro bel TFR se lo sono potuti godere in altro modo senza doverlo arrischiare in fondi soggetti alle turbolenze del mercato.
Insomma, raccontando i calcoli in altro modo (casualmente a cura di un ex sindacalista CGIL, sindacato che ormai da tempo, come CISL e UIL rappresenta per la maggior parte pensionati), l’INPS dimostra di avere paura. Forse il momento che vedrà nascere la protesta di chi oggi paga le pensioni degli altri si sta davvero avvicinando.
A meno che con una vera riforma non si voglia mettere al vero problema delle pensioni: i diritti acquisiti di chi in pensione c’è già e magari ci è andato con 15, 20, 25 anni di lavoro (forse neanche effettivo), con il calcolo retributivo, e forse fa pure parte di quel 7% di pensionati che nel 2006 (dato Istat) si portava a casa il 25% delle pensioni di anzianità.
Per non parlare poi della pensione del Sig. Giuliano Amato…

martedì 20 settembre 2011

41.000 euro al mese

E dove, se non in Sicilia!
Solo nella regione a specialissimo statuto autonomo, inattaccabile da qualsiasi controllo, può succedere che tutti noi paghiamo ad un ex dirigente regionale un pensione MENSILE di tale ammontare.
Per la precisione la paghiamo al dott. Felice Costa ex dirigente nominato, nell'ultimissimo scampolo della sua carriera, a capo dell'agenzia dei rifiuti siciliana.
Grazie al cumulo degli incarichi (a prescindere dai risultati mostrati) e alla specialissima legge regionale del 62 che regola le pensioni dei dipendenti regionali che ancora possono andare in pensione con 25 anni di anzianità e con indennità di quiescenza che arrivano fino al 108% dell'ultimo stipendio.
Capita così che a soli 47 anni di età altro burocrate regionale goda già di ricc pensione: si chiama Piercarmelo Russo ed è riuscito ad andare in pensione ad appena 47 anni, con la motivazione di dover assistere il padre malato. Peccato, però, che qualche settimana dopo il presidente della Regione Raffaele Lombardo lo abbia nominato assessore.
Curiosità italiane, tipiche di un paese in cui il paradosso è parte della comune esperinza e dove nulla ormai stupisce.

mercoledì 14 settembre 2011

la povera pensione di Giuliano Amato

Visto ieri Giuliano Amato (il "pensatore" del PSI al tempo del CAF che ha fatto correre allegramente il debito pubblico) ciarlare disinvoltamente di manovre finaziarie con la Gruber su LA7.
Gioviale sino alla impertinente domanda della giornalista Trentina che gli chiedeva se fosse vero che la sua pensione viaggia sui 30.000 euro mensili.
Ovviamente NO! ha precisato il dott. Sottile. La sua pensione cumula il periodo svolto da parlamentare con quello di presidente dell'Antitrust, il cui stipendio è legato a quello dei giudici della corte costituzionale.
Quel solo incarico, tenuto dal 94 al 97 sembra avergli consentito, grazie al sistema retributivo con cui è andato in pensione di rapportarla tutta al valore degli stipendi ricevuti in quei soli 3 anni.
Risultato...11.000 euro netti al mese, che portati al lordo ed una volta aggiunto, sempre al lordo, il vitalizio da parlamentare, fanno appunto 30.000 e passa euro.
Questione di esposizione....

giovedì 1 settembre 2011

15 anni 6 mesi e … 1 giorno


15 anni 6 mesi e 1 giorno, quanto ancora bastava negli anni 80 per andare in pensione. Quanto bastava per insegnanti di scuola elementare, media e superiore per maturare una pensione che oggi vale circa 800 euro al mese. Quanto bastava per chi nel pubblico, durante quegli anni, ha magari pure svolto, in aggiunta all’insegnamento, l’attività professionale di avvocato, commercialista, ingegnere, architetto etc…, perché, come si sa, l’arte e la scienza sono libere, ed è libero il loro insegnamento.
Un privilegio, quello della pensione dopo 15 anni di lavoro, la cui enormità è oggi tanto più evidente di fronte alle decine, se non centinaia, di migliaia di precari della scuola in annosa attesa di un posto di ruolo.
Privilegi, si dirà, di un tempo. In realtà, non è cosi. E non solo perché la Regione Sicilia consente ai suoi dipendenti di andare ancora in pensione con soli 25 anni di lavoro ma perché le pensioni di tutti quanti sono andati in pensione sino a non molti anni fa con 15, 20, 25, 30 anni di lavoro e con il sistema retributivo, basato cioè sull’ultimo stipendio percepito, oggi le paghiamo noi, le paghiamo da molto tempo e per molto tempo le pagheremo ancora, fortuna loro.
A questi privilegiati, dalle pensioni rivalutate base istat e che formano lo zoccolo duro delle principali organizzazioni sindacali, disposte a parlare di pensione di chi oggi lavora già da 30 anni, ma non di quelle di chi già ne gode da venti o trenta anni e con molti meno anni di lavoro alle spalle, a questi privilegiati, si diceva, vanno oggi chiesti sacrifici e contributi di solidarietà.
Non a chi, dopo più di 40 anni di lavoro ci andrà, grazie al sistema contributivo ed al progressivo sgretolamento degli indici di rivalutazione, con una pensione non molto diversa dall’attuale assegno sociale riconosciuto agli indigenti.
Certo, c’è la questione dei diritti quesiti. Una volta acquisito un certo diritto, nel nostro ordinamento la persona che ne beneficia lo mantiene.
Un nobile e, in condizioni normali, giusto principio.
Derogato però con la riforma Dini che nel 1995 ha ritenuto di riconoscere ad alcun lavoratori questo principio e ad altri no.
E dunque, in condizioni non normali di crisi forse epocale, perché non chiedere ai privilegiati di un tempo un minimo sacrificio. Perché non dare una occhiata al reddito familiare delle pensioni baby, perché non sbocconcellare qualche cosa alle pensioni superiori ai 2000-2500 euro maturate con il sistema retributivo e godute già da anni?
Non sono forse i tartassati lavoratori di oggi a sostenere tutto il sistema pensionistico? Non meritano forse i futuri pensionati di domani e quelli di dopodomani una prospettiva certa, ragionevole ed onesta di fronte al contributo mensile lasciato sul campo?
Non è forse giunta l’ora ed il tempo per un nuovo patto sociale prima che sia troppo tardi, prima che la ribellione monti ed il conflitto fra chi ha avuto e chi non avrà diventi insanabile?
Invece NO! La risposta del Governo, del parlamento nel suo complesso e delle parti sociali non prevede minimamente di considerare la questione, se non in una ottica di peggioramento delle condizioni di chi oggi paga le pensioni degli altri.
E, allora, non resta che diventar padroni del proprio contributo!

martedì 30 agosto 2011

MANOVRA: In Culo ai 40-50 enni.


Se c’è una categoria bersagliata dalla manovra finanziaria proposta dal governicchio farsa di Berlusconi e Bossi, è quella dei lavoratori 40-50 enni.
A loro il compito di reggere il peso del paese sacrificando, loro, i diritti acqusiti che per altre categorie risultano invece intoccabili.
Hai fatto il militare? Cazzi tuoi! Il tuo paese non lo considera come un servizio obbligatorio prestato, ma semplicemente un anno di villeggiatura di cui forse, domani, ti chiederà il conto.
Hai riscattato l’Università, magari negli ultimi anni e, giustamente, con esborsi onerosi? Cazzi tuoi! Vorrà dire che la tua pensione sarà calcolata tenendo conto degli anni aggiuntivi di contribuzione (se vai con il contributivo o il misto) ma, 40 anni di lavoro effettivo li farai anche tu!
E chi, fortuna sua, è ancora nel retributivo?
Beh, al solito saranno probabilmente i più fortunati. Stando così, per come è stata annunciata la manovra, il rischio di un contenzioso giuridico amministrativo sulla questione è di facile premonizione. Tanto facile che per questa categoria è prevedibile lo stralcio dalla manovra.
Alla fine, chi si stava preparando alla pensione con il suo bel retributivo, bene o male, troverà il modo di andarci lo stesso.
Chi invece è molto giovane, se dipendente, si guarderà bene dal riscattare anni universitari e comunque, probabilmente, non ha fatto il militare. Ma, soprattutto, è forse ancora in tempo per guardarsi attorno e scegliere una attività indipendente dove potrà decidere e disporre da solo per il proprio futuro.
Restano i 40-50 enni. Una silente categoria sulla quale, dopo l’assenza di protesta al tempo della riforma Dini, si può tranquillamente scaricare di tutto e per cui non esistono, a differenza di altre, diritti acquisiti.
Sono stati zitti quando sono passati dal sistema retributivo al contributivo? Lo resteranno anche se gli togliamo il militare ed il riscatto della laurea!
E’ questo che devono aver pensato i nostri politici, ed è questo quello che hanno fatto!
40-50 enni? Un branco di pecore mute!

www.senzapensione.blogspot.com

lunedì 29 agosto 2011

TEST MEDICINA

Pare che l’età media in Italia del medico ospedaliero salirà tra breve a 56 anni. L’età della pensione media di un paio di lustri fa e l’età dell’ultima finestra negli ultimi anni per tanti medici che, usciti per pensionamento, sono poi immediatamente rientrati in corsia e in ambulatorio con contratti di consulenza o di sumaista, causa la improvvisa e non programmata carenza di medici.
Ciò nonostante, come sottolineano alcuni quotidiani odierni, dei 60.000 che si presenteranno oggi al test per entrare a medicina, solo poche centinaia saranno i prescelti per l’ambita carriera medica che si profila, in futuro, assai più redditizia dell’attuale e con maggiore ventaglio di scelta per la specialità.
I più danarosi, se respinti dal terno all’otto del test, potranno ovviamente optare per i corsi di laurea gestiti da università private, come ad esempio la Cattolica. Per tutti gli altri, non resta che ritentare il prossimo anno, scegliere il parcheggio in altro contermine corso di laurea o abbandonare del tutto l’idea di diventare un giorno medico.
Tutto ciò accade nonostante la carenza di medici sia conclamata e quotidianamente il ministero della salute riconosca titoli medici, come già successo per la professione infermieristica a laureati provenienti dall’estero.
Ma come sempre succede nel belpaese, anche l’evidenza viene ignorata e invece di togliere il test di accesso ovvero di moltiplicare i posti previsti, si riducono gli anni per il conseguimento della specializzazione e si facilita l’utilizzo del specializzando in corsia.
Tipica soluzione all’italiana, finalizzata a mettere una pezza ad una situazione che, lungi dal tutelare al meglio il diritto alla salute del popolo italiano, è unicamente tesa a garantire interessi di chi, dopo aver fatto il 68 e grazie all’eliminazione del divieto di cumulo fra pensione e contemporanea attività lavorativa, desidera aver mercato sino ad ottant’anni e più.
Tradotto. Lavoro garantito solo per i vecchi e per i giovani ciccia.
Stupisce, che stando così le cose, proprio dai giovani non pervenga alcun messaggio, alcuna protesta, alcuna manifestazione di malessere.
Ed è questa, a ben vedere, la cosa più preoccupante.

giovedì 25 agosto 2011

I diritti questi di Alfano

Lo ha detto ieri il segretario del PdL Alfano. Le pensioni di chi già gode di questo diritto non saranno toccate in base al noto principio del diritto acquisito.
In breve, se le pensioni saranno toccate, lo saranno quelle di chi, in pensione, forse ci potrà andare in futuro, con beneficio di inventario e intanto paga quelle di chi già c'è.
Intoccabili pertanto le ensioni maturate con 15, 20 o 25 anni di età e con il sistema retributivo, intoccabili i vitalizi dei politici.
A prenderla nel didietro chi di diriit quesiti non ne avrà mai. Il lavoratore di oggi.

lunedì 22 agosto 2011

Manovra finanziaria

15 anni 6 mesi e 1 giorno, quanto bastava negli anni 80 per andare in pensione. Quanto bastava per insegnati di scuola elementare, media e superiore per maturare una pensione che oggi vale circa 800 euro al mese. Quanto bastava per chi, durante quegli anni, ha potuto godere dei benefici previsti per la maternità e svolgere, in aggiunta all’insegnamento, l’attività professionale di avvocato, commercialista, ingegnere, architetto etc…, perché, come si sa, l’arte e la scienza sono libere, ed è libero il loro insegnamento.
Un privilegio, quello della pensione dopo 15 anni di lavoro, la cui enormità è oggi tanto più evidente di fronte alle decine, se non centinaia, di migliaia di precari della scuola in annosa attesa di un posto di ruolo.
Privilegi, si dirà, di un tempo. In realtà, non è cosi. E non solo perché la Regione Sicilia consente ai suoi dipendenti di andare ancora in pensione con soli 25 anni di lavoro ma perché le pensioni di tutti quanti sono andati in pensione sino a non molti anni fa con 15. 20, 25, 30 anni di lavoro e con il sistema retributivo, basato cioè sull’ultimo stipendio percepito, oggi le paghiamo noi, le paghiamo da molto tempo e per molto tempo le pagheremo ancora, fortuna loro.
A questi privilegiati, dalle pensioni rivalutate base istat e che formano lo zoccolo duro delle principali organizzazioni sindacali, disposte a parlare di pensione di chi oggi lavora già da 30 anni, ma non di quelle di chi già ne gode da venti o trenta anni e con molti meno anni di lavoro alle spalle, a questi privilegiati, si diceva, vanno oggi chiesti sacrifici e contributi di solidarietà.
Certo, c’è la questione dei diritti quesiti. Una volta acquisito un certo diritto, nel nostro ordinamento la persona che ne beneficia lo mantiene.
Un nobile e, in condizioni normali, giusto principio.
Derogato però con la riforma Dini che ha ritenuto che alcun lavoratori potessero ancora andare in pensione con il sistema retributivo, mentre altri no!
E dunque, in condizioni non normali e considerato che sono i lavoratori attuali a pagare le pensioni degli attuali pensionati, è bene che sia su questi o meglio su quelli tra questi a diverso titolo privilegiati che deve pesare il costo di qualsiasi presente e futura manovra finanziaria

martedì 9 agosto 2011

Manovra urgente? Taglieranno vitalizi, indennità, finanziamento ai partiti, riformeranno gli enti ridurranno il numero dei parlamentari e dei consiglieri regionali ecc…? Macchè! Pensioni e lavoro ecco la ricetta.
Allungheranno ancora l’età per la pensione, ridurranno nuovamente i coefficienti di calcolo, agevoleranno i licenziamenti trasformando il lavoratore in una sorta di schiavo. Questo in soldoni il programma che immancabilmente prevede pure di mettere mano alle pensioni di invalidità. Questione di certo sacrosanta ma che nel breve-medio periodo costerà di più di quanto farà risparmiare in termini di spesa per le commissioni di revisione.
Non è forse meglio metter mano ai 6 miliardi di pensioni di guerra che annualmente (dato 2006) paghiamo?
Non è forse meglio chiedersi se non è possibile fare qualche cosa per il 7,5 % dei pensionati italiani che hanno maturato il loro diritto fruendo del sistema retributivo, che ne godono da anni e che consumano da soli il 25% di tutto il fondo pensioni di vecchiaia?
Davvero non è lecito chiedere loro un sacrificio per andare incontro a tutti quei lavoratori che oggi, con la prospettiva di andare in pensione solo dopo 40 anni di lavoro e con il sistema contributivo, pagano le loro pensioni? Un nuovo patto sociale, ecco che cosa serve a questo paese!

lunedì 18 luglio 2011

SE NON ORA, QUANDO

La crisi finanziaria non mostra tregua e minaccia di divenire epocale. L'italia è a rischio e ancor più a rischio è il lavoratore dipendente cui mancano gli strumenti per reagire contro la progressiva perdita di potere d'acquisto del proprio stipendio.
Non basta l'inflazione. Un governo preoccupato di assicurare la parcella mminima alla pletora di avvocati che infestano i tribunali ha deciso che, a pagare la manovra finanziaria che dovrebbe assicurare i nostri creditori internazionali, saranno ancora una volta i lavoratori dipendenti, precari o meno essi siano.
Ma il vaso è ormai colmo e s'annuciano tempi grevi per la casta.
E' questo il momento buono per imporre un cambiamento alle scelte pensionistiche fatte negli ultimi anni sulle nostre spalle.
In italia 2,2 milioni di pensionati su 16 si portano via il 33% (80 miliardi) del monte pensioni di 241 miliardi di euro. 614.000 pensionati si pappano 31 miliardi di pensione sui 214 totali.
Sono queste, e non le nostre, le pensioni che pagheremo per tutta la nostra vita lavorativa.
Sino a 70 anni!

domenica 17 aprile 2011

Vinyls e altro

Da mesi i lavoratori dei tre centri produttivi della Vinyls, operano senza stipendio per mantenere gli impianti chimici in sicurezza. Da mesi, non vedono un euro e si alimentano di sole promesse.
Quale futuro hanno questi lavoratori? Forse nessuno! Nessun imprenditore, verosimilmente, sembra disposto a raccogliere la sfida della chimica in Italia, sia pure si tratti di PVC.
E allora, si possono lasciare lavoratori e famiglie senza sostegno e senza un futuro? E come e cosa fare?
Semplice…se questi lavoratori fossero davvero padroni della propria contribuzione previdenziale (quella versata da loro e dal loro datore di lavore) oggi potrebbero già pensare davvero al loro futuro.
Con trent’anni di contribuzione rivalutati secondo ad un interesse minimo valgono almeno un paio di appartamentini su cui lucrare un affitto non molto diverso dallo stipendio percepito lavorando.
Con 20 ci si può forse aprire una attività. Con 10 tutto il tempo per guardarsi attorno, riqualificarsi e ricollocarsi.
Comunque, sempre meglio del niente che oggi si trova di fronte a quei lavoratori.

Purtroppo non siamo padroni di quanto guadagnamo e accantoniamo per il futuro, perché tutto va immediatamente mangiato da chi si trova oggi in pensione.

Purtroppo per noi, per i lavoratori della Vinyls e per tutti quelli che si trovano nelle loro stesse condizioni, da parte, NON ABBIAMO NULLA!

lunedì 4 aprile 2011

43.600 euro AL MESE!. Questa la pensione di un dirigente regionale di 1^ fascia della Regione Sicilia, dove il consiglio regionale si chiama parlamento e ai 90 consiglieri si dà dell’onorevole.
43.600 al mese per lui, ma quanti ve ne saranno che al mese portano a casa cifre del genere nella regione che, con gli stessi abitanti del veneto, conta 20.000 dipendenti e quasi 2000 dirigenti in servizio?
Quanti ve ne saranno a 30, 20, o 10.000 euro di pensione al mese? E quanti ve ne sono che ancora se ne vanno in pensione con 25 anni di lavoro, o anche prima, magari adottando un vecchietto da accudire.
Per chi nel prossimo futuro, tra chi già lavora da più di 30 anni o chi oggi ha appena iniziato, se ne andrà dopo 40-45 anni di lavoro con una pensione non molto diversa da quella sociale riconosciuta agli indigenti, il dato siciliano dovrebbe essere motivo di ribellione, di discesa in piazza per rivendicare la tutela e difesa della propria contribuzione.
Invece no. Sindacati, partiti, movimenti, pronti a portare in piazza miglia di persone o a raccogliere milioni di firme non sempre per motivi di universale importanza non desiderano occuparsi di un tema tanto spinoso.
Troppe le responsabilità di chi ha in passato rivendicato, difeso e legiferato allegramente in materia pensionistica, comportandosi come la cicala di La Fontane. Per questo di pensione bisogna parlare il meno possibile, soprattutto bisogna evitare di dover affrontare il tema dei sistemi (retributivo, misto, contributivo) che oggi coesistono e differenziano in maniera odiosa, a parità di contribuzione e di anzianità, i trattamenti dei lavoratori.

Cari lavoratori, nessuno vuole lottare per voi! Ma se non volete proprio prendere, da soli, in mano, da soli, il vostro futuro, almeno non fatevi prendere per il culo da sindacati e partiti.

mercoledì 19 gennaio 2011

Le amiche di Berlusconi pagate da noi

Il “Fatto” riporta oggi 19 gennaio 2010 l’intercettazione di un lungo colloquio telefonico fra le amiche di Berlusconi e Fede, Nicole Minetti e Licia Renzulli. Tema, uno dei soliti festini di Arcore per organizzare il quale occorreva chiamare questa piuttosto che quella donnina e vedere pure di passare a prelevarla a casa.
Che a farlo siano l’igenista dentale e l’infermiera di Berlusconi non meraviglia, che a farlo siano invece una Consigliera Regionale e una Parlamentare Europea catapultate in politica dal nulla e senza alcun merito fa invece incazzare.
Si!, perché a pagare i servigi prestati dalle signore in questione al signor Berlusconi, siamo noi. E noi, pagheremo pure la loro lautissima pensione o vitalizio che sia.