Senzapensione

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Effetti della pensione del futuro

martedì 30 agosto 2011

MANOVRA: In Culo ai 40-50 enni.


Se c’è una categoria bersagliata dalla manovra finanziaria proposta dal governicchio farsa di Berlusconi e Bossi, è quella dei lavoratori 40-50 enni.
A loro il compito di reggere il peso del paese sacrificando, loro, i diritti acqusiti che per altre categorie risultano invece intoccabili.
Hai fatto il militare? Cazzi tuoi! Il tuo paese non lo considera come un servizio obbligatorio prestato, ma semplicemente un anno di villeggiatura di cui forse, domani, ti chiederà il conto.
Hai riscattato l’Università, magari negli ultimi anni e, giustamente, con esborsi onerosi? Cazzi tuoi! Vorrà dire che la tua pensione sarà calcolata tenendo conto degli anni aggiuntivi di contribuzione (se vai con il contributivo o il misto) ma, 40 anni di lavoro effettivo li farai anche tu!
E chi, fortuna sua, è ancora nel retributivo?
Beh, al solito saranno probabilmente i più fortunati. Stando così, per come è stata annunciata la manovra, il rischio di un contenzioso giuridico amministrativo sulla questione è di facile premonizione. Tanto facile che per questa categoria è prevedibile lo stralcio dalla manovra.
Alla fine, chi si stava preparando alla pensione con il suo bel retributivo, bene o male, troverà il modo di andarci lo stesso.
Chi invece è molto giovane, se dipendente, si guarderà bene dal riscattare anni universitari e comunque, probabilmente, non ha fatto il militare. Ma, soprattutto, è forse ancora in tempo per guardarsi attorno e scegliere una attività indipendente dove potrà decidere e disporre da solo per il proprio futuro.
Restano i 40-50 enni. Una silente categoria sulla quale, dopo l’assenza di protesta al tempo della riforma Dini, si può tranquillamente scaricare di tutto e per cui non esistono, a differenza di altre, diritti acquisiti.
Sono stati zitti quando sono passati dal sistema retributivo al contributivo? Lo resteranno anche se gli togliamo il militare ed il riscatto della laurea!
E’ questo che devono aver pensato i nostri politici, ed è questo quello che hanno fatto!
40-50 enni? Un branco di pecore mute!

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lunedì 29 agosto 2011

TEST MEDICINA

Pare che l’età media in Italia del medico ospedaliero salirà tra breve a 56 anni. L’età della pensione media di un paio di lustri fa e l’età dell’ultima finestra negli ultimi anni per tanti medici che, usciti per pensionamento, sono poi immediatamente rientrati in corsia e in ambulatorio con contratti di consulenza o di sumaista, causa la improvvisa e non programmata carenza di medici.
Ciò nonostante, come sottolineano alcuni quotidiani odierni, dei 60.000 che si presenteranno oggi al test per entrare a medicina, solo poche centinaia saranno i prescelti per l’ambita carriera medica che si profila, in futuro, assai più redditizia dell’attuale e con maggiore ventaglio di scelta per la specialità.
I più danarosi, se respinti dal terno all’otto del test, potranno ovviamente optare per i corsi di laurea gestiti da università private, come ad esempio la Cattolica. Per tutti gli altri, non resta che ritentare il prossimo anno, scegliere il parcheggio in altro contermine corso di laurea o abbandonare del tutto l’idea di diventare un giorno medico.
Tutto ciò accade nonostante la carenza di medici sia conclamata e quotidianamente il ministero della salute riconosca titoli medici, come già successo per la professione infermieristica a laureati provenienti dall’estero.
Ma come sempre succede nel belpaese, anche l’evidenza viene ignorata e invece di togliere il test di accesso ovvero di moltiplicare i posti previsti, si riducono gli anni per il conseguimento della specializzazione e si facilita l’utilizzo del specializzando in corsia.
Tipica soluzione all’italiana, finalizzata a mettere una pezza ad una situazione che, lungi dal tutelare al meglio il diritto alla salute del popolo italiano, è unicamente tesa a garantire interessi di chi, dopo aver fatto il 68 e grazie all’eliminazione del divieto di cumulo fra pensione e contemporanea attività lavorativa, desidera aver mercato sino ad ottant’anni e più.
Tradotto. Lavoro garantito solo per i vecchi e per i giovani ciccia.
Stupisce, che stando così le cose, proprio dai giovani non pervenga alcun messaggio, alcuna protesta, alcuna manifestazione di malessere.
Ed è questa, a ben vedere, la cosa più preoccupante.

giovedì 25 agosto 2011

I diritti questi di Alfano

Lo ha detto ieri il segretario del PdL Alfano. Le pensioni di chi già gode di questo diritto non saranno toccate in base al noto principio del diritto acquisito.
In breve, se le pensioni saranno toccate, lo saranno quelle di chi, in pensione, forse ci potrà andare in futuro, con beneficio di inventario e intanto paga quelle di chi già c'è.
Intoccabili pertanto le ensioni maturate con 15, 20 o 25 anni di età e con il sistema retributivo, intoccabili i vitalizi dei politici.
A prenderla nel didietro chi di diriit quesiti non ne avrà mai. Il lavoratore di oggi.

lunedì 22 agosto 2011

Manovra finanziaria

15 anni 6 mesi e 1 giorno, quanto bastava negli anni 80 per andare in pensione. Quanto bastava per insegnati di scuola elementare, media e superiore per maturare una pensione che oggi vale circa 800 euro al mese. Quanto bastava per chi, durante quegli anni, ha potuto godere dei benefici previsti per la maternità e svolgere, in aggiunta all’insegnamento, l’attività professionale di avvocato, commercialista, ingegnere, architetto etc…, perché, come si sa, l’arte e la scienza sono libere, ed è libero il loro insegnamento.
Un privilegio, quello della pensione dopo 15 anni di lavoro, la cui enormità è oggi tanto più evidente di fronte alle decine, se non centinaia, di migliaia di precari della scuola in annosa attesa di un posto di ruolo.
Privilegi, si dirà, di un tempo. In realtà, non è cosi. E non solo perché la Regione Sicilia consente ai suoi dipendenti di andare ancora in pensione con soli 25 anni di lavoro ma perché le pensioni di tutti quanti sono andati in pensione sino a non molti anni fa con 15. 20, 25, 30 anni di lavoro e con il sistema retributivo, basato cioè sull’ultimo stipendio percepito, oggi le paghiamo noi, le paghiamo da molto tempo e per molto tempo le pagheremo ancora, fortuna loro.
A questi privilegiati, dalle pensioni rivalutate base istat e che formano lo zoccolo duro delle principali organizzazioni sindacali, disposte a parlare di pensione di chi oggi lavora già da 30 anni, ma non di quelle di chi già ne gode da venti o trenta anni e con molti meno anni di lavoro alle spalle, a questi privilegiati, si diceva, vanno oggi chiesti sacrifici e contributi di solidarietà.
Certo, c’è la questione dei diritti quesiti. Una volta acquisito un certo diritto, nel nostro ordinamento la persona che ne beneficia lo mantiene.
Un nobile e, in condizioni normali, giusto principio.
Derogato però con la riforma Dini che ha ritenuto che alcun lavoratori potessero ancora andare in pensione con il sistema retributivo, mentre altri no!
E dunque, in condizioni non normali e considerato che sono i lavoratori attuali a pagare le pensioni degli attuali pensionati, è bene che sia su questi o meglio su quelli tra questi a diverso titolo privilegiati che deve pesare il costo di qualsiasi presente e futura manovra finanziaria

martedì 9 agosto 2011

Manovra urgente? Taglieranno vitalizi, indennità, finanziamento ai partiti, riformeranno gli enti ridurranno il numero dei parlamentari e dei consiglieri regionali ecc…? Macchè! Pensioni e lavoro ecco la ricetta.
Allungheranno ancora l’età per la pensione, ridurranno nuovamente i coefficienti di calcolo, agevoleranno i licenziamenti trasformando il lavoratore in una sorta di schiavo. Questo in soldoni il programma che immancabilmente prevede pure di mettere mano alle pensioni di invalidità. Questione di certo sacrosanta ma che nel breve-medio periodo costerà di più di quanto farà risparmiare in termini di spesa per le commissioni di revisione.
Non è forse meglio metter mano ai 6 miliardi di pensioni di guerra che annualmente (dato 2006) paghiamo?
Non è forse meglio chiedersi se non è possibile fare qualche cosa per il 7,5 % dei pensionati italiani che hanno maturato il loro diritto fruendo del sistema retributivo, che ne godono da anni e che consumano da soli il 25% di tutto il fondo pensioni di vecchiaia?
Davvero non è lecito chiedere loro un sacrificio per andare incontro a tutti quei lavoratori che oggi, con la prospettiva di andare in pensione solo dopo 40 anni di lavoro e con il sistema contributivo, pagano le loro pensioni? Un nuovo patto sociale, ecco che cosa serve a questo paese!